Bene, bene, bene, bene.
Alloooooora
Qualche giorno fa non sapendo che fare mi sono messa a scrivere questa cosa. E' la prima FF tutta mia (oltre a take my hand con Marisa) che posto in un forum. Potrebbe non essere il massimo, però tanto vale provare
Spero vi piaccia
CAPITOLO 1I capelli raccolti di lato, che aveva tinto da poco di rosso, cadevano sul seno. Mentre l’acqua calda della doccia la bagnava. Si fissava i piedi, forse nella ricerca di una risposta. Le sarebbe bastata una risposta qualsiasi, una semplice. Anche un 4, se la sua domanda fosse stata un 2+2.
Ma lei, come tutti gli altri, sapeva che la sua domanda non era così semplice. Si chiedeva perché tutto quello fosse capitato a lei. Come se fosse stata una punizione da un dio superiore per via della sua vita vissuta troppo superficialmente. Poi pensandoci un altro po’ comprese che probabilmente la sua domanda era nella classifica delle ‘domande esistenziali’ quelle a cui nessuno sa dare una risposta. Tranne te.
Continuava a fissarsi i piedi cercando di non badare alle macchie violacee che stavano placide sul suo addome e al dolore al braccio che ancora bruciava. Cercava di concentrarsi sull’acqua che si era colorata di un rosso chiaro, quasi rosa.
Poi un getto di acqua bollente la fece tornare alla realtà. Si decise a lavarsi e ad asciugarsi in fretta con l’idea di tornare a dormire. Ma poi ci ripensò. L’idea di tornare in quel letto dove aveva consumato un’altra delle sue notti non le andava particolarmente a genio.
Si vestii silenziosamente per non svegliare quella bestia d’uomo che dormiva nel suo letto, e con i capelli ancora bagnati uscii di casa. Molto probabilmente quando sarebbe arrivata alla destinazione, ancora sconosciuta, sarebbero stati già asciutti. Quando salii in macchina il CD della sua band preferita risuonò e si ricordò quella stessa sera avrebbero fatto un concerto (che doveva essere già finito) nella loro città, nonché anche la sua, Montréal.
Aveva rinunciato ad andarci all’ultimo momento per non far arrabbiare di nuovo Alex, che comunque aveva trovato lo stesso un buon pretesto per alzarle le mani contro, e infine portarsela a letto come se niente fosse.
Girò con la macchina per circa un’ora prima di parcheggiare ed entrare nel primo bar che trovò.
Il locale, nonostante fossero le due passate era pieno di gente che era troppo impegnata a rovinarsi la vita con alcolici e fumo. Ma per una volta voleva rientrare in quella categoria del ‘bere per dimenticare’ magari sarebbe servito a qualcosa. Trovò per pura fortuna un posto libero al centro esatto del bancone del bar. I due baristi che stavano dietro al bancone giravano da una parte all’altra senza sentire la sua voce che li chiamava.
-ti serve una mano??- il tipo che stava di fianco a lei si voltò con un grande sorriso da chi sa che sei un difficoltà e non farebbe niente.
-magari- le rispose facendo un sospirò. Nella penombra del locale non era riuscita a vedere bene il ragazzo che le stava dando una mano, però la sua voce era stranamente famigliare.
-HEY JACK! Vieni un secondo!- urlò ad un certo punto.
Uno dei due baristi di avvicinò a lui. Era un uomo alto, calvo e con le braccia tutte tatuate.
-dimmi PB- il ragazzo che stava seduto si voltò verso di lei chiedendole
-che vuoi??-
-una vokda- annuii e lo disse al barista, che si chinò per prendere una bottiglia piena di liquido trasparente e versarlo in un piccolo bicchierino. Che porse alla ragazza. Lei lo ringraziò con un grande sorriso. Dopo qualche minuti di silenzio, che i due ragazzi impiegarono a sorseggiare il liquido che stava nei loro bicchieri lui, finalmente, disse qualcosa.
-sono Pierre- e le porse la grande mano
-io sono Nichole- lei gli strinse la mano. All’improvviso una vampata di calore le accese la guance, che si colorarono di un rosso accesso. Lui gli sorrise, probabilmente l’aveva notato.
Lei sapeva esattamente chi aveva davanti. Sapeva che quel ragazzo fino ad un’ora e mezzo fa era su un palco a scatenarsi, ed ora eri li a parlare con lei. Non disse niente. Riguardo alla sua stima verso di lui, e verso la sua fama. Voleva solo stare con qualcuno che, probabilmente, non avrebbe mai più rivisto e che fosse esterno alla sua vita.
-qual buon vento ti porta in questo squallidissimo bar a quest’ora??-
-mah se vuoi saperlo davvero te lo dirò, se no ti dirò che sono state parecchie cose storte a farmi uscire di casa. A lei??- scherzò con l’ultima frase
-festa fine tour nazionale. Veniamo sempre qui-
-wow. Deve essere stato un grande concerto. Sarei dovuta esserci…- fissò il liquido nel bicchiere
-e come mai non c’eri?-
-cause di forza maggiore…-
-ammettilo. Sei venuta qui nella speranza di vederci- la sfidò
-ovvio. Mi hai beccato. Ora come farò a farmi vedere in giro??-
-ahah. Non lo so-
-mi metterò un sacchetto in testa per la vergogna-
-no, le tue guanciotte rosse sono carine da vedere-
-io non credo-
-sembrano anche morbide-
-se fossi abbastanza famoso, te le farei anche sentire…-
-stai dubitando della mia band?!- disse in tono scherzoso, poi di colpo tornò serio
-senti ti va di andare a parlare in un altro posto?? Qui dentro c’è troppo casino- lei annuii semplicemente, e seguii il ragazzo dal braccio tatuato verso l’uscita sul retro, dove probabilmente aveva la macchina. Appena uscii dalla porta la fresca aria di primavera le pizzicò il naso. Fece un grande respiro e poi chiese a Pierre
-bene, dove vuoi andare??-
-conosco un posto tranquillo fuori città, se ti va possiamo andare li-
-ok dai- la fece salire in macchina dove all’interno c’era odore di acero. Per qualche strano motivo sperava che anche il ragazzo sapesse di acero.
Durante il tragitto nessuno dei due parlò. Non che le dispiacesse stare zitta. Ma il silenzio la opprimeva. Le faceva venire in mente ricordi che avrebbe voluto tanto spazzare via.
Nel locale i due presero un tavolo abbastanza appartato. Lontano dall’entrata e del bancone del bar vuoto. Lei si accontentò di un caffè macchiato, che subito dopo anche lui prese.
Ancora silenzio.
Pierre fissava Nichole il cui sguardo guizzava da una parte all’altra del bar in cerca di qualche particolare che le facesse ricordare quella notte. Solo quando arrivarono le due tazze di caffè Pierre cominciò a parlare
-senti, non vorrei essere indiscreto, ma credo di capire abbastanza bene le persone. E da come mi sembra… tu non stai bene, vero??- i grandi occhi verdi della ragazza si spostarono su quelli color nocciola di Pierre. Ero occhi pieni di tristezza, di frustrazione, stress. Perfino il colore sembrava più spendo da quella prospettiva.
-penso che ormai se ne siano accorti tutti nella stanza…-
-ti va di parlarne?? Lo so, magari preferiresti la tua migliore amica a me…
-no fa lo stesso. Ormai…- si fermò –ormai se ne è andata…-
-è per quello che sei giù??-
-no. magari fosse per quello. Beh per farla breve… il mio ragazzo non è l’uomo più aggraziato di questo mondo…- lui la fissò per un lungo minuto che parve non finisse più.
-stai scherzando??- chiese infine
-ti sembra una cosa su cui scherzare??-
-da quanto tempo va avanti questa cosa??- sembrava davvero preoccupato per lei, nonostante la conoscesse solamente da malapena un’ora.
-da circa un anno…-
-e non hai sporto denuncia?!- lei scosse la testa, imbarazzata
-Nichole…- disse lui –devi fare qualcosa. Non può continuare a farti del male…
-come se non lo sapessi…-
-allora prendi il comando della tua vita! Esci da quella casa, denuncialo, lascialo… torna a vivere…-
-fosse così semplice forse l’avrei già fatto!- lei alzò la voce, forse un po’ troppo perché le altre persone che stavano nel locale si erano tutte sporte per guardarla.
-hey calma. Non c’è bisogno di scaldarsi…-
-lo so. È che sono stanza di tutto. Della mia vita. Vorrei riprendere il controllo, ma lui è così oppressivo. Mi spia mentre vado al lavoro per paura che vada da qualche altra parte, e se magari lo faccio perché devo fare delle commissioni quanto torno a casa ….- si fermò prima di finire la frase.
-ti voglio aiutare- disse lui deciso
-e come??-
-voglio che tu mi chiami appena quel …- probabilmente voleva dire lurido bastardo – ti picchia ancora- lei lo fissò per un po’. indecisa se piangere per aver trovato qualcuno disposto a difenderla o a mandarlo a quel paese. Ma alla fine non fece nessuna delle due cose. Si limitò a sorridergli e a dire un ‘grazie’ così fievole da farle credere che l’avesse sentito solo se stessa.
Quando finalmente la ragazza riuscii a tirare fuori quello che non riusciva a dire a nessuno, l’atmosfera si rilassò. Lei cominciò a dare più confidenza a Pierre, raccontandogli quello che faceva prima di incappare in Alex. E lui, per ricambiare, fece lo stesso. Scherzarono, tornarono seri, dissero cose che non avrebbero mai pensato di sentire dall’altro, come due vecchi amici che non si erano visti per tanto e tanto tempo.
Alla fine, verso le 5 di mattina lui la riportò al bar da cui erano venuti per farla ritornare a casa in macchina. Si scambiarono i numeri di cellulari, e dopo un lungo abbraccio lei tornò sulla via di casa. Ma aveva paura. Aveva paura di tornare a casa e di tornare nell’incubo. Dopo una notte come quella, così bella, sarebbe stato difficile per lei tornare alla realtà. Alla crudele e triste realtà.