Do u remember that day?, idiozia delle idiozie!

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i'd do anything
» Posted on 26/4/2009, 12:23




Ok non chiedetemi da dove mi è venuta fuori sta cosa, però ogni tanto ci sta bene cambiare i ruoli di quei cinque insulsi canadesi e ora li ritroviamo alle prese con famiglie e un lavoro normale, comune a tutti...ditemi che ne pensate
Love u!

-Papà dici che Ariel starà bene come prima?
-Si non ti preoccupare Ariel è forte,deve solo stare tranquilla per un po’ di tempo,dopo potrà tornare dalla sua mamma e dal suo papà.- Pierre riappoggiò l’occhio al microscopio sorridendo di rimando alla sua bambina che con le sue domande gli faceva amare sempre di più il suo lavoro.
Cominciò a scrutare le cellule che componevano il tessuto esterno di un delfino e ogni tanto appuntava le sue ricerche sul block notes posto di fianco al grande microscopio.
-Papà perché se i delfini sono mammiferi vivono in acqua?-Pierre sorrise ancora e staccandosi dalle cellule e dai tessuti animali,prese la piccola Lucy dai fianchi e con un movimento leggero la fece sedere sulle sue gambe. Lucy si appoggiò al petto del padre facendosi cullare dal suono della sua voce.
-Perché è una specie marina speciale,come lo siete tu e Cory,si sono sviluppati nell’acqua anche se,grazie alla loro buffa fontanella,possono respirare fuori dall’acqua.
-Io e Cory siamo davvero speciali come i delfini papà?
-Tu e Cory siete le persone più speciali di tutto l’universo.-la strinse ancora più baciandole i folti capelli castano ramati,facendosi pizzicare le guance con i suoi respiri divertiti mentre le faceva un dolce solletico. Quel sorriso e quella risata ancora giovane lo riportarono ad un tempo lontano,quando anche lui era possessore di quella spensieratezza che ormai aveva perso.
Amava la sua vita,aveva due figli stupendi,aveva una bella casa nella periferia ben curata di Montreal,aveva una moglie che amava da 13 anni a questa parte e aveva il suo lavoro,biologo marino nel grande acquario di Montreal,non avrebbe desiderato altro se solo ogni tanto non avesse dovuto far fronte ad un passato che tornava a trovarlo.
Era un passato davvero lontano che lo tormentava per delle scelte che non aveva avuto il coraggio di fare,per una litigata che lo aveva portato lontano da un mondo che voleva più di qualsiasi altra cosa al mondo,lontano da cinque persone che ora come ora gli mancavano come non mai.
Che fine avevano fatto quei sei ragazzi tutti chitarre,divertimento e punk rock?avevano preso tutti una strada diversa che ora sembrava troppo lontana e strana per essere rivissuta,erano tutti quanti finiti dentro ad una scatola chiusa nel fondo di un armadio,sommersa da vecchie scarpe e giochi in scatola.
Ma quando doveva fare i conti col presente capiva che,nonostante tutto,aveva quello che voleva e ogni volta che entrava in casa e vedeva il dolce sorriso di sua moglie,capiva che il passato poteva aspettare,che non lo avrebbe mai dimenticato,ma che quel presente gli piaceva e non se ne sarebbe stufato mai.
-Sono le sei che dici andiamo dalla mamma?
-Si anche perché ho fame.
-Ok andiamo.-posò il vetrino nella scatola stando attento a non mischiarlo con gli altri,spense la luce sulla scrivania e spense il microscopio che lasciò l’ultimo ronzio libero nell’aria. Prese per mano la sua piccola Lucy e insieme passarono in mezzo a grandi squali dai denti aguzzi,a dolci razze che con la loro coda volteggiavano per le acque delle vasche,a buffi delfini che li salutarono con una pinna. Lucy rispose a quel saluto con la manina ridendo di gusto. I delfini l’avevano sempre affascinata.
-Ciao Michelle a Lunedì.
-Arrivederci Dottor Bouvier,ciao Lucy
-Ciao Michelle ci vediamo.-senza lasciare la presa dalla piccola manina aprì le grandi porte dell’acquario e con la macchina si immerse nel traffico di punta pronto per tornare a casa,incontro a quei sorrisi che lo facevano vivere.
-Amore stiamo tornando.-esclamò non appena Lara rispose al telefono.
-Eih perfetto,Cory è appena tornato dagli allenamenti di calcio è tutto uno schifo.-rise sentendo le lamentele del figlio maggiore.
-Immagino,che cucini di buono?
-Sorpresa e non rompere che tanto non te lo dico nemmeno se mi fai la vocina dolce e lo sguardo da cucciolo di Bambi bastonato.
-E va bene,allora appena arrivo a casa ti riempio di…
-Pierre la bambina.
-Giusto…Lo vedrai…Sorpresa.
-Scemo,a tra poco.
-Ti amo.
Lara era seduta su una sedia in cucina,mentre da sopra si sentivano le lamentele del figlio maggiore per il troppo fango nei capelli.
Sfogliava senza troppa attenzione il giornale davanti ai suoi occhi e pensava.
Pierre ancora non aveva dato segni di aver capito che giorno sarebbe stato il seguente,lei invece ci pensava sempre durante quel periodo. Ormai lo conosceva bene,sapeva che non le avrebbe mai detto niente,ma nel profondo del suo inconscio ci soffriva e si sentiva colpevole della sua perenne testardaggine,solo che lei non gli avrebbe mai parlato di cosa provava dentro. Era stata una promessa: << non ne parleremo mai più ormai è finita,è ora di andare avanti >> e lei lo aveva sempre rispettato,l’unica con cui ne parlava era sua suocera,lei sapeva tutto,aveva ascoltato sempre i suoi pianti,i suoi ricordi e aveva visto quanto tristezza viaggiava nei suoi occhi.
Louise l’aveva consolata per tredici lunghi anni,durante quell’assenza che cresceva ogni giorno di più. Le mancavano i sorrisi vivi di Sara e Mary,le mancavano loro stesse,le mancava vederle ogni giorno e ridere con loro,sfogarsi con loro. Dopo Mary e Sara non aveva mai più avuto una vera e propria amica,solo colleghe di lavoro a cui si era sempre limitata nel raccontare loro la sua vita privata e passata.
Voleva loro e mai si sarebbe stancata di dirlo o pensarlo,perché loro la rendevano viva,perché loro erano le uniche a conoscerla fino infondo a conoscere tutto di lei senza segreti ne doppi sensi.
Sospirò profondamente e guardò fuori sentendo il rumore dei pneumatici nel vialetto di casa.
Guardò suo marito scendere dall’auto e prendere per mano sua figlia. Non era cambiato per niente,era rimasto sempre il solito pazzo che l’amava come se fosse sempre il primo giorno,era rimasto quel ragazzo tutto skate e punk rock che l’aveva fatta innamorare con un semplice sorriso,quel sorriso che aveva donato a suo figlio,quel sorriso che la rendeva la donna più felice della terra.
Chissà loro come sono,si chiedeva mentre apriva la porta,chissà se mai un giorno potrò aprire questa porta e vedere ancora i sorrisi con cui sono cresciuta,i sorrisi che fanno ancora parte di me.

*
-Sara hai per caso visto la mia valigetta?
-Amore è sempre al solito posto,sotto lo scrittoio in anticamera.
-Come farei senza di te?
-E me lo chiedo anche io.-sospirò Sara guardando i figli che finivano di mangiare la loro merenda. Brandon gli rivolse un sorriso sdentato che la fece ridere,mentre Kylie scosse la testa sorridendo,quando faceva quell’espressione era tutto suo padre.-che padre folle che avete.
-Lo sappiamo mamma,lo sappiamo.-rispose Kylie posando la tazza di latte nel lavandino per lavarla.-Brandon dai finisci che poi andiamo a giocare in giardino.
-Però stavolta io faccio il portiere.
-Ok promesso.- Kylie tolse la tazza del fratello dal tavolo e dopo averla lavata la posò sul ripiano. Sara li osservò senza smettere di sorridere. Guardò Kylie prendere per mano il fratellino e mettergli la giacca per uscire a giocare,vide in quel ragazzino di dodici anni una persona già matura e responsabile,vide nel suo sguardo la voglia di vivere,di crescere e continuare ad imparare. Era fiera di lui per come si comportava con Brandon,fiera di avere due figli che non le avevano mai dato grandi problemi.
Kylie andava bene a scuola,aveva molti amici e seguiva con amore la sua passione più grande: il calcio. Ogni Domenica giocava come titolare,e ogni Domenica era un emozione vederlo segnare e sorridere felice. Non poteva lamentarsi di niente se non che le mancavano due persone a lei ancora troppo care. Non appena i bambini furono fuori in giardino e suo marito chiuso nel suo studio a finire di lavorare,Sara si precipitò in cantina,chiuse la porta e scese le scale ripercorrendo la sua vita tramite delle foto. Il suo matrimonio,la nascita di Kylie,quella di Brandon e via dicendo.
Ma non era li che voleva andare a parare,quelle foto erano come una calamita al suo cuore,li erano e li sempre sarebbero rimaste. La scatola color oro la stava aspettando come ogni giorno da 13 anni a questa parte.
Prese la scala e dopo averla appoggiata agli scaffali della cantina,si diede la spinta giusta per arrivare al sesto piolo. A quell’altezza riusciva ad aprirla senza doverla portare fino a terra.
Come se fosse una scatola magica l’aprì e tirò fuori la prima foto,ormai rovinata agli angoli e un po’ scolorita per il tempo che aveva passato chiusa in pezzi di cartone.
Sara,Lara e Mary sorridevano all’obbiettivo in un tempo ormai diventato lontano.
David spense la luce della scrivania e si lasciò cadere a peso morto sullo schienale della sedia in pelle. Anche per oggi aveva finito e ora gli aspettava un lungo week-end da dedicare interamente alla sua famiglia. Avrebbe portato Brandon all’acquario,Sara a fare spese e Kylie alla partita Domenica,era una routine che non avrebbe cambiato per niente al mondo. La sua famiglia era felice così e lui era fiero di quelle tre persone.
Si voltò verso la grande vetrata del suo studio e guardò in giardino le sue piccole ragioni di vita giocare a pallone,sorrise al nulla,o forse sorrise a quei due angioletti di figli che si ritrovava pensando che una volta anche lui era così giovane,così felice,non che ora non lo fosse,anzi,ma avrebbe voluto tornare indietro per rivivere quelle interminabili gare di skate al parchetto,o le partite di basket nel parco vicino alla sua vecchia casa.
Ancora adesso si chiedeva perché quel giorno era dovuto andare tutto per il verso sbagliato. Perché non avevano messo,lui per primo,da parte l’orgoglio e non erano tornati quelli di sempre. Non si era pentito delle scelte e della vita che aveva intrapreso,amava sua moglie,amava il suo lavoro e i suoi due figli,solo si pentiva di non aver cambiato la situazione quando ancora era in tempo.
Si voltò di nuovo verso la scrivania e appoggiò la mano sulla chiave che teneva chiuso un cassetto. Erano tredici anni che si prometteva di riaprirlo,ma ancora aveva paura,fare i conti con gli scheletri nell’armadio lo terrorizzava.
-Amore?-Sara bussò prima di entrare nello studio. David tolse di scatto la mano dalla chiave e la guardò avanzare sorridendo.-finito?
-In questo momento,fino a Lunedì basta conti e contratti.-la prese in braccio e si voltarono insieme verso il panorama canadese.
-Tutto ok?-gli chiese Sara baciandolo a fior di labbra.
-Si perché?
-Sei strano.
-Anche tu lo sei,che ti succede?
-Un po’ nostalgica.-mentì solo in parte,era vero che era nostalgica,ma non voleva dire il perché. Quell’argomento era stato chiuso tredici anni fa esattamente come le foto.
-Di cosa?
-Di vacanze,è ancora presto lo so,non vedo l’ora di Luglio per andarcene un po’ al mare.-si alzò dalle gambe di David e attraversò lo studio fino alla porta.-tra un oretta si mangia.-sorrise ancora prima di chiudersi la porta alle spalle e sospirare pesantemente.
A David non sfuggì niente. Quella era una mezza verità,e sapeva anche qual’era la parte mancante.
*
-Signor Lefebvre questi sono i conti che mi aveva chiesto,se non le spiace andrei a casa.
-Certo Dana vai pure ci vediamo Lunedì.
-Alle 9 come sempre,buon week-end signor Lefebvre.
-Anche a te Dana.-Sebastien prese in mano i conti e li guardò prestandogli molta attenzione. La sua azienda di computer andava per il meglio e voleva che tutto quadrasse per dare un futuro migliore alla sua famiglia.
Li controllò ben due volte prima di chiuderli nella cartellina e spegnere il computer. Guardò la foto di sua moglie e sua figlia e sorridendo si alzò dalla scrivania facendo scroccare tutti quanti gli arti indolenziti dalle interminabili ore spese seduto a quella scrivania.
Lanciò la pallina da basket nel canestro appeso alla porta e dopo un canestro da tre punti prese in mano la valigetta,le chiavi della macchina e uscì dal suo studio.
Salutò i suoi dipendenti con un enorme sorriso,salutò George il portiere dello stabile e finalmente salì in macchina diretto verso casa.
Montreal non cambiava mai nemmeno a distanza di anni,lui invece si sentiva cambiato e quasi invecchiato.
Aveva solo 33 anni eppure non si sentiva davvero a posto con se stesso. Abbassò il finestrino e lasciò che l’aria,ancora un po’ fredda e umida di Montreal gli liberasse il corpo da quei sensi di colpa.
Passò davanti al suo vecchio liceo lanciando sguardi malinconici a quelle mura che tanto aveva odiato,ma che grazie a cinque persone era diventato come un rifugio nei giorni più neri e tristi.
Alle sue spalle quel posto diventava sempre più piccolo e sfocato come il ricordo dei suoi ex migliori amici. In tredici anni aveva fatto di tutto per non ripensare a quello sbaglio e a quella litigata,perché proprio ora tutto doveva tornargli in mente?Perchè proprio quel venerdì di Aprile?
Scosse la testa per cancellare tutti quei pensieri,ma non ci riuscì del tutto,non se stava per passare davanti alla Stinco’s Accademy Of Music And Arts.
Almeno lui era rimasto fedele a quella promessa fatta: la musica era l’unica cosa che non li avrebbe mai divisi. E una piccola parte di quella promessa,anche Seb l’aveva mantenuta. Ascoltava ancora la SUA musica,ma la chitarra era stata appesa a due ganci in cantina e le corde erano state tolte,l’ultimo accordo era stato stroncato sul nascere.
Non avrebbe più suonato nemmeno una nota e così fece.
Non aveva più saputo niente degli altri,nonostante vivessero nella stessa città non li aveva più visti ne tanto meno sentiti,ma poteva immaginare qual’era la loro vita. Almeno sperava fossero felici con le loro mogli e magari dei figli pazzi e fuori di testa come lo erano loro molto tempo prima.
Lasciò la statale trafficata e lasciò Montreal alle sue spalle. Quella zona poco sopra il San Lorenzo era diventato il suo rifugio personale.
Parcheggiò la macchina nel vialetto di casa e scendendo vide venirgli incontro la sua piccola Darleen.
-Papà ciao.
-Ciao amore mio,hai fatto la brava oggi?
-Si e ho anche disegnato un delfino,papà mi porti all’acquario domani?
-Perché no è un bel posto.
-Grazie papi.-la fece scendere dal suo petto e prendendola per mano entrò in casa.
-Amore sono a casa.-urlò chiudendo la porta di casa alle sue spalle. Una bella ragazza dai capelli mori e gli occhi verdi vivi uscì dalla cucina correndo incontro al marito.
-Ciao occhi blu.
-Ciao occhi verdi come stai?
-Io bene e tu?
-Stanco e felice che sia Venerdì.
-Darleen ti ha detto dell’acquario?
-Si mi ha già fatto la proposta però mi sembra una buona idea è istruttivo.-rispose appoggiando la valigetta sotto il tavolo del telefono per poi seguire Jamie in cucina e inalare il buon sapore di carne al forno con salsa ai mirtilli.
-Allora è deciso domani tutti all’acquario.
-Perfetto,vado a cambiarmi,ci sono novità?
-Nessuna amore tutto regolare.-le diede un bacio sulla bocca e con una piccola corsetta raggiunse il piano di sopra. Si tolse la cravatta e lanciò la camicia sulla sedia vicino al letto. Si sciacquo la faccia e si guardò per un attimo allo specchio,c’era qualcosa di strano nell’aria e non riusciva a capire che cosa,c’era quella strana morsa allo stomaco che non lo lasciava stare dalla mattina stessa. C’era sul suo volto un segno indelebile di malinconia.
*
-Avvocato Comeau ha da dire qualcosa in difesa del suo cliente?.-Chuck portò una mano alla bocca e assunse una posizione pensierosa,aveva lottato per un mese intero in quella causa,aveva trovato prove agghiaccianti a favore del suo assistito,ora era semplicemente il momento di trovare le parole giusto per convincere la giuria e il giudice a dargliela vinta per l’ennesima volta.
Si alzò dalla sedia e si sistemò la tonaca.
-Niente signor Giudice solo che il mio cliente è innocente e le prove a suo favore sono in maggioranza.
-Perfetto si risieda pure. La corte si riunirà Lunedì mattina per il verdetto finale,alle tre la sentenza definitiva,arrivederci.
-Mi raccomando Lunedì sii puntuale ok?
-Certo avvocato e grazie ancora.-Chuck strinse la mano al suo cliente e prese a riunire i mille fogli che invadevano il tavolo degli avvocati. Quell’aula lo aveva visto vincitore di tante cause un milione di volte,anche stavolta avrebbe avuto la sua vittoria personale.
Ma la perdita più folle dov’era finita? In un ricordo vecchio di tredici anni.
Si riprese da quel pensiero solo nel momento in cui il cellulare iniziò a vibrargli in tasca. Si tolse la tonaca con un gesto leggero e recuperò il cellulare dai jeans. Il nome che compariva e lampeggiava come chiamata in entrata lo fece sorridere felice.
-Eih stupidona mia.
-Ciao amore,dove sei?
-Sto uscendo adesso dal tribunale,venti minuti e sono a casa.
-Ok era per regolarmi con la cena.-il filo di tristezza nella voce di sua moglie lo fece agitare,la sua dolce Mary sempre allegra e spensierata aveva una voce che non gli piaceva per niente.
-Eih tutto ok?
-Sisi perché?
-Perché non mi freghi,so quando c’è qualcosa che non va in te. Quindi? Andrè e Valerie si sono ammazzati di nuovo?
-Quello non mi farebbe ne caldo ne freddo,comunque davvero è tutto ok,sarà che è Venerdì e sono stanca.
-Domani pomeriggio tutti all’acquario così rifletti e ti riposi.
-Infatti non vedo l’ora,dai ti aspetto,ah aspetta la sentenza?
-Lunedì pomeriggio,ma abbiamo tutto in pugno.
-Sono fiera di te Chuck.
-Ti amo amore
-Anche io a dopo!.-spense la chiamata e ripose il cellulare nella tasca. Raccolse gli ultimi fogli e finalmente uscì dal tribunale.
Quel giorno era a piedi,ma non era mai stato un problema per lui camminare,amava farlo ed era anche il momento giusto che lo divideva dai doveri di avvocato e da quelli di padre,erano i venti minuti,durante una giornata,in cui poteva pensare e stare solo con se stesso.
Da quella mattina non faceva che pensare a loro. Da quella mattina c’era qualcosa in lui che gli fece riaprire una porta che era stata chiusa per lunghi anni. Aveva deciso,da quel giorno famoso,che non avrebbe mai più pensato ne a loro,ne tanto meno a quel sogno frantumato con delle semplici parole,invece quella mattina si era alzato,come sempre,si era preparato per il tribunale,ma il suo stomaco non era d’accordo con lui; continuava a sentirsi un peso che non riusciva a spiegare e i pensieri erano riaffollati alla sua mente dal nulla. Ricordava lo sguardo severo di Pierre,le parole cattive di un dolce Seb,l’urlo di David e la sua uscita dalla sala prove e la faccia delusa di un Jeff sempre così pacato e sorridente. Anche ricordare quei semplici nomi lo faceva agitare,eppure voleva dimenticare come aveva fatto in questi ultimi tredici anni,non voleva pensarci e andare avanti con la sua vita,come faceva anche sua moglie. Ma Mary lo faceva davvero?aveva davvero chiuso con quella vita?Anche se lei diceva sempre di si,non ci credeva perché Lara e Sara erano le sue migliori amiche e per la sua testa dura e quella dei suoi amici,anche loro avevano messo fine ad una amicizia che durava da sempre. Si sentiva in colpa anche per quello.
Camminando per le strade della sua città sentiva tutti i profumi dei negozi di pasticceria,i panettieri che sfornavano pane caldo anche a quell’ora e dolci così saporiti da farti venir voglia di mangiarne per tutto il giorno,ma l’odore più forte rimaneva sempre quello del Mc Donald,era un odore acre,forte e gustoso,ma allo stesso tempo ero l’odore della malinconia,era l’odore di una sconfitta interiore.
Nessuno era tornato indietro da quel giorno,nemmeno lui!
E anche se gli piaceva la piega che aveva preso la sua vita,rimpiangeva quella seconda opportunità che gli era stata messa davanti su un piatto d’argento.
Se solo quel giorno non avesse voluto fare di testa sua,probabilmente in questo momento sarebbe stato in giro per il mondo a suonare le sue canzoni,con i suoi migliori amici e sua moglie. Ma la storia non è fatta ne di SE ne di MA,di conseguenza nemmeno la sua vita.
Estrasse le chiavi del cancelletto di casa a pochi passi da esso,nel momento in cui aprì la parte metallica,le voci dei suoi bambini invasero la sua testa liberandola da quei brutti pensieri,ora voleva solo dedicarsi alla sua famiglia.
-Papà Andrè mi ha dato un pizzicotto.-si abbassò sulle gambe per guardarli meglio. La piccola Valerie che agitava i pugnetti come una pazza aveva lo stesso sorriso vivo e vispo di sua madre e gli occhi del suo stesso colore; Andrè piccolo pazzo invece era la sua fotocopia in tutto e per tutto,anche caratterialmente,testardo come un mulo e pazzo.
-Lei mi ha rubato il mio Action Man.-Andrè incrociò le braccia al petto e corrugò le sopracciglia,anche quel gesto l’aveva ereditato dal padre.
-Valerie perché hai rubato l’Action Man di Andrè?
-Perché mi ha tirato un pizzicotto.
-Andrè?
-Mi ha rubato l’Action Man.-sorrise teneramente ai suoi due figli,era sempre la stessa storia non si sapeva mai chi avesse iniziato e il perché.
-Bene ragazzi qui ci vuole una bella sentenza preliminare per stabilire i fatti accaduti.-incominciò in tono solenne come se fosse sul posto di lavoro.-Cosa avete da dire a vostra discolpa?
-Che sono innocente vostro onore.-Andrè mise una mano sul cuore e pronunciò quelle parole come se stesse recitando l’inno canadese. Valerie lo guardò storto,lo stesso sguardo che faceva sua madre quando voleva rimproverare Chuck,e dandogli un piccolo spintone alzò gli occhi al cielo.
Chuck scoppiò a ridere e alzandosi li prese per mano per riportarli in casa.
Mary che aveva seguito tutta la scena li accolse con ancora la risata accesa. Abbracciò il marito e lo baciò teneramente sulle labbra prima di prendergli la borsa del lavoro e appoggiarla vicino all’ingresso.
Era orgogliosa della sua famiglia più di qualsiasi altra cosa,ma era ancora orgogliosa delle sue migliori amiche.
Poco prima che Chuck entrasse in casa,aveva aperto il portafoglio e ne aveva estratto una foto nascosta,li dove nessuno l’avrebbe mai potuta trovare,li dove solo lei sapeva di poter ricorrere nei momenti di nostalgia,e sapeva benissimo perché quel giorno si sentiva così,perché a distanza di poche ore sarebbe scoccata la mezzanotte,a distanza di poche ore tredici anni spaccati sarebbero entrati nella sua vita segnando l’avanzare di un futuro diverso,tredici anni dalla sua perdita più grande,tredici anni da quella divisione forzata che non riusciva ancora ad accettare.
*
-Jeff posso?
-Oih Marie entra pure ti ho fatto chiamare da Will perché devo parlarti.
-Immagino anche di cosa.-la ragazza si sedette a peso morto sulla sedia davanti al grande capo che l’accolse con il suo solito sorriso dolce e pieno di comprensione.
-Marie non voglio sbatterti fuori però mi devi pagare due mesi di rata.
-Lo so Jeff,lo so benissimo,è che io te li pagherei anche subito se solo il mio capo mi pagasse.-sbuffò Marie giocherellando con una ciocca di capelli.
-Facciamo così,te la pago io la retta per questi due mesi e appena il tuo capo ti paga me li rendi ok?
-Jeff è già la quarta volta però non è giusto.
-Dai sei pur sempre mia nipote se posso fare qualcosa lo faccio.
-Nipote acquisita.
-Però lo sei e ora non rompere e vai a casa che sei stravolta. Come va la canzone?
-Sembrerebbe bene poi Lunedì l’ascolti e ci dici.
-Ovvio ora vai e saluta la mamma.
-Grazie Jeff a Lunedì.-uscì leggera dalla stanza e lasciò il silenzio.
Jeff si guardò intorno. Osservò tutto quello che si era costruito con fatica e sudore. Anche solo le pareti di quella scuola lo rendevano felice. Stava dando la possibilità a molti ragazzi di inseguire un sogno che lui aveva,invece,buttato via con una stupida litigata e in qualche modo voleva pulirsi la coscienza.
Le foto appese alla parete lo ritraevano sorridente accanto ai grandi della musica e ogni volta che le guardava si immaginava lui al posto di Axel Rose,Paul McCartney,Tina Turner e qualche ipotetico maestro o direttore di musica. Invece si doveva accontentare di stare al suo posto e portare avanti il nome della sua scuola con gioia e amore,proprio il motivo per cui l’aveva costruita dal niente.
France non aveva mai detto niente al riguardo,anche se lei faceva già parte della sua vita. L’aveva sempre appoggiato senza rimproverargli niente,voleva solo il meglio per lui e quella scuola glielo dava,ma anche lei sapeva e ammetteva a se stessa che non era stato più lo stesso da quando aveva deciso di vendere la sua chitarra e chiudere per sempre con quelle sei note che gli davano la magia di sognare e vivere in un mondo fatto solo di palchi,musica e amicizie infinite.
Si alzò dalla sedia e uscì dal suo studio infilandosi la giacca mentre camminava,ora non voleva pensare nient’altro che andare a casa e stare con sua moglie e le sue due figlie. Domani era Sabato,sarebbero andati all’acquario,come spesso facevano e avrebbero passato un altro week end indimenticabile. Questa era la sua vita e l’aveva accettata molto tempo prima. Almeno lui non si era del tutto distaccato da un mondo in cui si sentiva ancora padrone.
Quando si chiuse la porta di casa alle spalle,i pensieri lontani e malinconici,si frantumarono come uno schiocco di dita. Il dolce odore del pane alle olive e della pasta al forno lo fecero sentire meglio.
-Eih famiglia sono a casa.-urlò divertito,mentre piccoli passi di piedini sbattuti sul parquette diventavano sempre più forti e vicini.
Maya,nove anni e una testa calda come pochi,fu la prima ad arrivare. Saltò in braccio al padre e iniziò a ridere spensierata come solo una bambina di nove anni riesce a fare.
-Papà domani andiamo all’acquario vero?l’hai promesso.
-Una promessa è sempre una promessa.-sorrise baciandole la fronte.
-Eih ci sono anche io.-protestò la piccola Zoey tirando la camicia del padre per ricevere le attenzioni necessarie. Jeff rise lasciando scendere Maya per prendere la seconda. Zoey fece una linguaccia alla sorella e con la spinta giusta si ritrovò fra le braccia del suo eroe preferito,ancor meglio di quelli dei fumetti,perché quelli erano inventati,suo padre era reale.
-La mamma?
-Cucina la pasta al forno e io ne mangio tre pezzi.- rispose Zoey sventolando le tre ditina paffute al padre.
-Ti ci starà tutta?-chiese camminando verso la cucina.
-Ovvio papà ho lo stomaco fortissimo.
-Eih sei arrivato non ti avevo sentito.-esclamò France posando lo strofinaccio e dando un bacio al marito.
-Qualcuno mi ha detto che fai la pasta al forno.-indagò curiosando con lo sguardo in giro.
-Zoey doveva essere una sorpresa.-la rimproverò benevolmente France facendole il solletico.
-Scusa mamma.-rise la bambina ancora in braccio a Jeff.
-Vado a cambiarmi e mi metto comodo,ho tempo per una doccia?
-Certo fai con comodo tesoro.-France gli sorrise ancora una volta prima di prendere in braccio Zoey e appoggiarla sul bancone vicino a lei.-Maya prendi le forchette in lavastoviglie.
-Ok mamma.-Jeff osservò le donne della sua vita all’opera. Guardò Maya prendere,con le sue manine,le forchette e posarle dolcemente sul tavolo,gli sembrava ieri quando era nata e ora aveva già nove anni,si stupiva quando faceva certi ragionamenti,gli sembrava che il tempo stesse correndo fuori dalle linee e stesse andando troppo veloce per i suoi gusti,avrebbe voluto che le sue piccole rimanessero così per sempre,invece stavano crescendo e presto sarebbero diventate delle ragazze alle prese con le crisi adolescenziali,era pronto anche per questo,si sentiva pronto.
Accese l’acqua della doccia dandole il tempo di scaldarsi alla temperatura che lui preferiva. Si spogliò e una volta entrata si sedette per terra abbandonandosi ai suoi pensieri più nascosti.
Avrebbe voluto parlarne con France,sfogarsi una volta per tutti,ma non ce la faceva,era difficile dire: Eih amore sono un cretino e solo ora me ne sto rendendo conto. Se solo avesse potuto sarebbe tornato indietro,avrebbe lasciato passare qualche giorno e poi avrebbe fatto di tutto per far ritornare la pace all’interno del gruppo. Nessuno aveva il pieno torto,tutti erano colpevoli quel giorno e nessuno se n’è mai reso veramente conto.
Pensò al giorno che aveva conosciuto Seb,alla sua proposta di suonare in un gruppo insieme,a quanto si era sentito realizzato e felice,perché finalmente avrebbe dimostrato a suo padre,a sua madre,al mondo intero,ma soprattutto a se stesso,quanto lui valeva con quello strumento al collo.
E poi c’erano Pierre,Chuck e David,uno più pazzo dell’altro,tutti quanti persi per la musica,tutti con un unico sogno che avevamo condiviso sin dal primo giorno. Avrebbero portato il nome dei Simple Plan in giro per il mondo e avrebbero fatto vedere quanto erano uniti,quanto la musica gli dava. Ma quel 20 Aprile di tredici anni fa tutto quelle promesse,quei sogni,quelle speranze si erano perse in un battito di ciglia. Quel 20 Aprile di tredici anni fa i Simple Plan erano stati sotterrati come se niente fosse mai davvero esistito.
Si passò una mano sul viso per togliere l’acqua che scendeva cattiva dalla doccia,ma solo in quel momento si accorse che i suoi occhi non bruciavano per l’acqua o per il bagnoschiuma,i suoi occhi bruciavano di lacrime salate,ancora una volta,sotto quella doccia,testimone della sua sofferenza,Jeff pianse per loro,per Pierre,Chuck,Seb e David,pianse per la fine di una vita insieme a loro,pianse per la fine dei Simple Plan.
*

-Ragazzi dai andiamo che se no troviamo coda all’entrata.-urlò David dal fondo delle scale richiamando l’attenzione della moglie che lo guardò senza smettere di sorridere. Era bello anche nella semplicità di un paio di jeans e una maglietta nera.
-Eccoci Brandon non voleva mettersi il cappellino.-disse Kylie infilandosi il suo e spostandolo leggermente di lato. David lo guardò e gli sorrise tristemente,era un gesto che faceva sempre anche lui,un gesto che facevano tutti e cinque una volta.
-Brandon fa ancora freddo fuori è meglio se te lo metti,vedi anche Kylie ce l’ha.-Sara si rivolse al più piccolo allacciandogli la giacca.
-E va bene lo metto.-sbuffò infilandoselo e copiando il fratello maggiore.
-Su famiglia che oggi ci aspetta una giornata piena.-pronunciò David aprendo la porta di casa e facendo uscire tutti. Diede due mandate e dopo aver controllato che tutto fosse chiuso si diresse verso la macchina.
-Ok tutti fuori che vado a prendere i biglietti.-Sara fece uscire Brandon liberandolo dalla cintura di sicurezza,lo prese per mano e si avviò alla biglietteria.
David la sorpassò baciandola con affetto sulla bocca,facendola sorridere,facendola sognare ancora una volta.
-Salve signore mi dica.
-Tre adulti e un bambino.
-Eih papà io sono un adulto.-protestò Brandon prendendogli la mano libera. Sia David che la commessa scoppiarono a ridere.
-Lo scusi.
-Si figuri,sono 35 dollari.
-Ciao Michelle.-David guardò con aria spaventata il ragazzo che era appena passato dietro la ragazza e l’aveva salutata. Non poteva essere quello che pensava,no,aveva saputo che ora abitava a Los Angeles con la sua ragazza e girava video per le band emergenti,non poteva essere Patrick.
-Eih Mark ciao.
-Scusi come si chiama quel ragazzo?.-chiese David seguendolo con lo sguardo finchè quello non si voltò e gli strizzò l’occhio con aria furba. David sgranò ancora di più gli occhi.
-Mark perché?
-Niente grazie per i biglietti!.-si voltò e corse letteralmente verso l’entrata dell’edificio.

-Valerie da la mano alla mamma,Andrè tu vieni con papà a fare i biglietti.
-Ok papà,mamma ma li vediamo i delfini?
-Certo che li vediamo amore.-rispose Mary prendendole la mano e andando verso l’entrata.-sono dolci e carini.
-Mi piacciono tanto i delfini,me ne compri uno?
-Ehm amore è un po’ difficile tenerli in casa,hanno bisogno di tantissimo spazio.
-Allora un pony.-insistette Valerie mettendo su il broncio. Mary scoppiò a ridere e le scompigliò i capelli annuendo.
-Quello è già più ragionevole.
-Salve due adulti e due bambini.
-Ecco a lei sono 30 dollari in totale…Uh mi scusi un secondo.-la ragazza bionda alla cassa rispose al telefono lasciando Chuck con i soldi a mezz’aria.-Oh santa pace si lo chiamo subito a casa,mandami qui Phil a sostituirmi.-riagganciò il telefono e si alzò dalla sedia.-mi scusi.-aggiunse prima di scomparire dietro la porta.
-Ma porca miseria.-mormorò Chuck senza farsi sentire dal figlio che ripeteva ogni cosa sentiva. Aspettò dieci minuti buoni tamburellando il piede contro l’asfalto,certe abitudini non le aveva ancora perse.
-Buon giorno signore mi dica.-Chuck alzò di colpo la testa e sgranò gli occhi due volte. Pensò che stesse sognando,che quello era uno scherzo di cattivo gusto o semplicemente che stesse impazzendo,quando davanti a lui gli si parò Patrick in versione bigliettaio dell’acquario.
-Patrick?.-chiese ancora perplesso.
-No Phil dalla bellezza di 34 anni signore.
-Si certo e io sono topolino.
-Mi fa piacere signore,ma io rimango sempre Phil,30 dollari per i pesci grazie.-Chuck lo guardò confuso e come un interdetto gli porse i soldi,Phil gli sorrise strizzandogli l’occhio e con la mano gli intimò di far scorrere la fila. C’era qualcosa che non andava in quel momento. Tornò da sua moglie con in mano i biglietti e glieli porse senza accennare a riprendersi.
-Chuck che ti prende?
-Mi sa che sto impazzendo.
-Sei completamente cadaverico in faccia,hai visto un fantasma?
-Mi sa di si.
-Quindi?.-lo strattonò con forza Mary per farlo riprendere.
-Il ragazzo alla cassa era Patrick,ma diceva di chiamarsi Phil,Mary ti giuro era lui,stessa voce,stessi capelli color niente,la barbetta odiosa e quel ghigno idiota stampato in volto.
-Tesoro tu sei stanco,ora entriamo in sto benedetto acquario e vedi di calmarti o ti lascio in pasto agli squali.Forza.-gli ordinò spingendolo verso le porte. Quando passò di fianco alla cassa,il ragazzo lo guardò sorridente.

-Pronto?
-Signora Bouvier?
-Si Michelle che succede?
-Oh grazie al cielo siete in casa,Ariel sta male,il dottore deve correre qui.-disse tutto d’un fiato Michelle sventolando una mano sulla faccia per riprendere fiato e colorito.
-Ok calmati Michelle ora glielo dico ok?
-Grazie signora Bouvier.
-Ciao.-Lara attaccò l’apparecchio e corse in giardino dove Pierre stava giocando a pallone con i bambini. Odiava disturbarlo in questi momenti,era la persona più felice della terra quando stava con i figli.
-Amore vieni qui un attimo.-lo chiamò portando una mano vicino alla bocca. Pierre lanciò la palla a Cory e con una piccola corsa la raggiunse.-ha chiamato Michelle,Ariel sta male devi correre li.
-Oh cazzo proprio di Sabato. Perché non venite anche voi?
-Non disturbiamo?
-No dai almeno stiamo insieme.
-Ok vatti a cambiare io preparo i mostriciattoli.-le diede un bacio sulla guancia e nel giro di cinque minuti tutti erano pronti alla porta per uscire.-Pierre quanto ti manca?
-Arrivo amore ci sono.-Pierre chiuse la porta della camera e scese di corsa in salotto con in mano la sua valigetta. Nel momento in cui Lara lo vide rimase di stucco.
-Pierre come diavolo ti sei conciato?.-sbottò vedendo com’era vestito il marito,sorridendo sotto i baffi per quanto gli mancasse vederlo così.
-Perché scusa?.-si guardo allo specchio e quasi gli prese un colpo. I capelli di colpo erano tornati corti e tutti pieni di gel,la barba era del tutto sparita lasciando il suo volto ancora giovane e da bambino un po’ cresciuto. La maglietta rossa faceva spiccare in grande la scritta ROLE MODEL bianca e i pantaloni,larghi e a cavallo basso,completavano l’opera.
-Non mi sembra il momento di scherzare.-commentò Lara fissando sbalordita il marito. Anche i figli lo fissavano come se fosse un alieno.
-Non sto scherzando Lara,non mi ero vestito così,anche perché questi vestiti li avevo buttati. E poi secondo te nel giro di venti minuti mi sono tagliato i capelli?
-E allora che spiegazione ci dai?
-Nessuna perché non la saprei.
-Ok ne parliamo dopo ora andiamo che se no fai tardi.-Pierre si guardò ancora una volta allo specchio prima di uscire di casa. Faceva effetto vedersi così dopo tanto tempo,ora rimaneva solo da chiedersi cosa cavolo stesse succedendo.

-Jeff hai preso la macchina fotografica?.-chiese France in fila per la biglietteria mentre si sventolava il programma dell’acquario per farsi aria.
-Certo amore che l’ho presa.
-Meno male avevo paura di essermene dimenticata.-gli sorrise appoggiandosi alla sua spalla come facevano sempre da ragazzi. Jeff le diede un bacio sui capelli biondi appoggiando poi la guancia sulla testa di sua moglie.
-BIBITE FRESCHE,POP CORN,PATATINE,GELATI.
-Hai sete?.-chiese Jeff a France.
-No ma prendi lo stesso una bottiglietta d’acqua per dopo che non si sa mai.
-Ok.-si fece spazio tra la folla e spintonando qualcuno riuscì ad arrivare al proprietario di quella voce che non gli era del tutto nuova.-mi scusi.
-PREGO MI DICA.
-Che caz…Patrick?
-No Josh signore dalla bellezza di 34 anni.-Jeff scosse la testa chiudendo e aprendo gli occhi un paio di volte,eppure era identico in tutto e per tutto al suo vecchio amico. Niente di lui si era dimenticato,quello che sarebbe dovuto essere il loro web master e mentore fidato,era lui non poteva esserci dubbi,era Patrick.-desidera signore?
-Due bottigliette d’acqua e un pacchetto di patatine.-disse a modi robot continuando a fissare il ragazzo davanti a lui. Se stava impazzendo quello era il sintomo chiave per farsi ricoverare.
-Sono 10 dollari baby se hai anche la mancia io non mi schifo mica.-porse la mano in direzione Jeff che gli diede 15 dollari,anche quel sorriso da presa per il culo era identico a quello del suo amico,doveva esserci una spiegazione plausibile a tutto questo delirio,non poteva davvero essere un’altra persona.-wow amico cinque dollari mi stai simpatico.
-Ti chiami davvero Josh?.-chiese ancora in preda al panico più totale.
-A quanto pare.-disse mostrando il cartellino sulla giacchetta rossa.
-E sai come mi chiamo io?
-Può darsi,ma ti posso solo augurare di divertirti la dentro,ce ne saranno di belle da vedere. Ciao Jeff.- Jeff si riscosse quando sentì il suo nome uscire da quella bocca,ma non riuscì a muovere un solo muscolo,ieri le sensazioni strane,ora il tizio che dice di essere Josh,ma è identico a Patrick,ci mancava solo di vedere gli ex Simple Plan al completo ancora vestiti come una volta,quei ragazzini rimasti intrappolati nel profondo del loro corpo.

-Seb vai a prendere la guida così non rischiamo di perderci qualcosa?
-Si voi aspettatemi alla prima vasca così non ci perdiamo.-diede un bacio a Jamie e si incamminò verso l’entrata,schivò qualche bambino che correva qua e la sfuggendo alla pazzia dei genitori,sorrise pensando a come anche la sua Darleen lo faceva impazzire quando scappava per i centri commerciali.
Quando si imbatté in due bambini si fermò a guardarli per un secondo. Nonostante i sorrisi giovani erano sorrisi a lui famigliari. Soprattutto il sorriso del ragazzino gli ricordava uno dei suoi amici,ma non si fece prendere dall’ansia nel dall’angoscia,quanti bambini si assomigliano e ti ricordano qualcuno,non doveva dar per scontato niente in quel momento.
Si riscosse ancora una volta dai pensieri e si avvicinò al ragazzo di spalle che consegnava le piantine dell’acquario.
-Scusi me ne darebbe una?.-chiese gentilmente al ragazzo che voltandosi lo lasciò a bocca aperta e senza parole. Lo osservò da capo a piedi per un numero di volte indefinito e si sentì anche stupido in quel momento,non era bello osservare una persona tanto insistentemente come stava facendo lui in quel momento.
-Ecco a lei.
-S-scusa come ti chiami?
-Jean piacere.-sorrise divertito guardando l’uomo cresciuto davanti a lui,ma che non aveva,ancora del tutto,cambiato aspetto.
-No aspetta tu sei Patrick io ti conosco.
-No sono Jean dalla bellezza di 34 anni.-sembrava averci preso gusto a dire quella cosa,come se non fosse il primo ad avergli chiesto la sua vera identità.-buon divertimento…Ah i delfini hanno un potere magico se lo ricordi.-lo guardò voltarsi e sorridere alla gente che entrava nel museo naturale di pesci e strane razze che mai avresti visto nel mare sotto casa tua.
Era Patrick,non poteva non essere lui a meno che non avesse un sosia e ora gli stava parlando.
Tornò da Jamie e la bambina in uno stato comatoso da cui non riusciva a riprendersi.
Jamie lo vide arrivare e corrugò i sopraccigli piegando di lato la testa.
-E’ possibile che stia diventando pazzo?
-Dipende da cosa…Perché dici così?
-Il ragazzo dei volantini è Patrick,ma dice di essere Jean.
-Si stai diventando pazzo amore,non può essere Patrick e comunque ti avrebbe riconosciuto.
-Jamie è lui non so perché dice di essere Jean,è identico a Pat.
-Amore sarà uno che gli assomiglia.
-Non può essere.
-Andiamo per favore?.-gli chiese in modo dolce prendendogli la mano libera.-non ci pensare.-Seb annuì poco convinto e riprese a camminare insieme alla sua famiglia.

Michelle aspettava l’arrivo del dottor Bouvier torturandosi le mani e le labbra.
Saltellava da un piede all’altro muovendo lo sguardo tra la folla che passava davanti a lei.
Quando lo vide alzò una mano per farsi vedere,ma la ritrasse nel momento in cui vide com’era vestito. Sgranò gli occhi e aspettò di trovarselo davanti prima di iniziare con la raffica di domande.
-Dottore ma che…
-Michelle non ora perché non avrei risposte. Andiamo.-spalancò la porta del suo ufficio per prepararsi a immergersi nella grande vasca dove Ariel giaceva stanca sul fondo.
Aprì la valigetta e tirò fuori gli attrezzi giusti per portarseli dietro nell’acqua.
Qualcuno bussò alla porta. Lara prese per mano i bambini e li fece spostare dall’ingresso,ma mai avrebbe immaginato che da quella porta stava entrando la rilevazione di tutte quelle strane coincidenze.
Patrick entrò nella sala vestito come lo avevano conosciuto e voluto bene. Sorrise ai presenti e sorrise a Michelle che gli strizzò l’occhio in modo dolce.
Pierre spostò lo sguardo da sua moglie a lui in una frazione di secondo. Spalancò la bocca e si guardò iniziando a vederci qualcosa di chiaro in tutta quella situazione.
-Patrick?.-sputò le parole spalancando ancora di più gli occhi. Lara rimase in silenzio fissando il ragazzo.
-Dottor Bouvier.
-Che cavolo ci fai tu qui e vestito in quel modo?
-Guarda che la domanda potrebbe essere la stessa sai?.-gli sorrise indicandolo con lo sguardo. Pierre sbuffò e prese a grattarsi la testa,un gesto che non avrebbe mai smesso di fare.
-Aspetta un secondo…Lara.-si voltò verso la moglie che lo guardava allibita con il cuore che le batteva forte e la gambe molli.-che giorno è oggi?
-Il 20 Aprile Pierre.-Pierre sgranò gli occhi ancora una volta.

David era pensieroso.
David non capiva.
David sentiva che c’era qualcosa che gli sfuggiva.
Vagava per quei corridoi,ma un pensiero più costante lo portava lontano da quella realtà e non riusciva a risolvere quel forte rompicapo.
Quando una donna urlò il nome di suo figlio si riprese da quello stato di trance e si voltò verso sua moglie.
-Che ti prende Dave?
-Sara che giorno è oggi?.-chiese in preda alla disperazione. Sara gli sorrise felice da una parte che gliel’avesse chiesto,forse anche lui ci stava arrivando.
-Il 20 Aprile David.

-Chuck o la pianti con quella faccia o giuro che faccio dietro front e torno a casa con i bambini.-Mary puntò i piedi davanti a suo marito e gli intimò di guardarla. Nel suo sguardo perso una traccia di ansia.
-Mary c’è qualcosa che non quadra,non sono pazzo,quello era Patrick.
-Ancora con sta storia?.-sbuffò quella alzando gli occhi al cielo esattamente come faceva sempre sua figlia.
-Si perché è come se non riuscissi a ricordarmi qualcosa,come se mi mancasse qualcosa.
-Del tipo?.-Chuck scosse la testa sconsolato,non lo sapeva nemmeno lui cosa gli sfuggiva eppure fino a ieri andava tutto regolarmente,non aveva mai provato una sensazione così brutta,si eri aveva ripensato a tutto quanto,e oggi si sentiva ancora peggio. Un momento,oggi,che giorno era oggi? Guardò Mary terrorizzata e gli fece quella domanda in un sussurro.
-Mary che giorno è oggi?
-Il 20 Aprile Chuck.

Jeff si sedette su una panchina tenendo d’occhio sua moglie e sua figlia. Stappò la bottiglietta d’acqua e ne bevve una grossa sorsata. Non aveva più rivisto il ragazzo dei gelati eppure continuava a ripetersi che quello doveva per forza essere Patrick,non era diventato così scemo da non riconoscere quello che un tempo era uno dei suoi migliori amici.
France gli si avvicinò e si sedette sulle sue gambe.
-Sei sconvolto,è successo qualcosa?
-No,si,cristo non lo so.
-Jeff che ti prende?
-France non lo so,prima quando ho preso l’acqua,il ragazzo appena si è girato mi ha fatto prendere un colpo,era Patrick,ma continuava a ripetere di chiamarsi Josh e credimi che era Pat.
-Magari si assomigliavano tanto.
-No France e poi è da ieri che ho un peso allo stomaco enorme,c’è qualcosa che non mi lascia in pace.
-Parlamene.
-Non ti so dire niente,ho ripensato al passato,a loro e mi è presa tutta sta cosa dentro,come se dovessi arrivare ad una soluzione.
-Forse è un po’ di senso di colpa.-disse timorosa France guardandolo,non avevano quasi mai affrontato l’argomento per volere di Jeff,ma ora era tempo di riaprire quei momenti,di affrontare le paure del passato.
-Ma perché proprio ora?perchè a distanza di tredici anni?
-Perché prima o poi si devono fare i conti col passato.-sospirò pensierosa prima di alzarsi e recuperare le due piccole pesti.
Jeff guardò davanti a se il grosso striscione che occupava parte della parete,lo fissò ipnotizzato prima di alzarsi e andarci vicino. Non poteva crederci,dovevano aver sbagliato,non poteva essere quella data.
France si avvicinò a lui e gli posò una mano sulla spalla.
Senza staccare gli occhi da quel numero le chiese: France che giorno è oggi?
-Il 20 Aprile Jeff.

-Papà hai visto che squalo enorme?
-Si e guarda che denti.-sorrise tenendola stretta per la mano. Ogni volta che vedeva un ragazzo biondo passargli davanti si girava convinto che fosse Patrick,ma stavolta nessuno di loro gli assomigliava nemmeno lontanamente.
Jamie lo guardò pensierosa,Seb le restituì uno sguardo triste con un sorriso forzato.
Doveva rilassarsi quel giorno,doveva viversi quel momento con la sua famiglia invece non ci riusciva,continuava a pensare al passato,a quel ragazzo dei volantini e ai suoi ex migliori amici,o forse ai suoi migliori amici,perché infondo non li aveva mai dimenticati e il bene c’era ancora.
-Scusa vi sto rovinando la gita.-disse a sua moglie appoggiandogli il mento alla spalla.
-Fai pace col passato Seb forse è l’unica cosa.
-Che vuoi dire Jamie?
-Che ci stai ancora male e secondo me non è mai troppo tardi per riprendersi ciò che si ama. Io e te ci siamo lasciati per due anni e poi ci siamo ritrovati.
-Devo solo capire perché proprio ora,perché proprio oggi,prima non mi era mai successo,anche gli altri anni.
-Forse perché non lo ammettevi a te stesso,e ora invece qualcosa è scattato.
-E’ da ieri che ci penso e oggi va anche peggio. Oggi perché…-si bloccò di colpo e pian piano ogni tassello del puzzle cominciò ad andare al suo posto. A poco a poco iniziò a vedere una scritta lontana che lampeggiava,che gli ricordava qualcosa,che gli ricordava una domanda da fare.
Guardò Jamie e guardò l’orologio.
Non poteva essere vero.
-Jamie che giorno è oggi?
-Il 20 Aprile Sebastien.

E così di colpo il tempo si fermò. Le voci dei bambini che urlavano si fermarono,il rumore dei ferri cessò come d’ incanto. Pierre guardò Lara e la prese per mano,nel giro di un secondo i loro figli erano spariti.
David strinse il braccio di Sara guardandosi intorno,le pareti erano peggio di un vortice impazzito.
Chuck sbatté le palpebre due volte prima di vedersi tutto crollare attorno,prese la mano di Mary e l’abbraccio impaurito.
Jeff si allontanò dallo striscione che veniva risucchiato dal muro e strinse al suo fianco France.
Seb non credeva ai suoi occhi,un miscuglio di colori lo circondava,strinse a se Jamie e chiuse gli occhi.
Sembrava di stare sulle montagne russe,tutto girava intorno ai cinque ragazzi,tutto impazziva,ma una cosa era certa nulla di ciò che aveva vicino poco prima era reale,era come se fosse stato tutto frutto della sua immaginazione.
Quando quel vortice finì si sentivano solo i loro respiri accelerati all’interno di una sala nera e completamente vuota.
Il primo ad aprire gli occhi fu Seb,che guardò davanti a se ritrovando i suoi amici,esattamente come li aveva lasciati.
David biondo,Jeff con i piercings,Pierre e le sue guance sempre rosse,Chuck e i suoi pantaloni troppo larghi per un fisico così minuto e infine lui stesso ringiovanito di tredici anni,ancora il più piccolo del gruppo,ancora un po’ bambino.
David spalancò gli occhi e cacciò un urlo che fece spaventare tutti i presenti.
-Che cazzo è sta storia?.-sbottò Pierre guardando in cagnesco tutti quanti. Lara gli strinse la mano.
-Dove cazzo siamo?.-chiese Chuck ignorando la domanda dell’ex amico. Mary fissò le ragazze che tenevano per mano i loro fidanzati/mariti. Aveva il cuore che le batteva a mille,dopo tredici anni rivedeva le sue migliori amiche. Incrociò prima lo sguardo di Lara e poi quello di Sara e in ognuno di essi trovò lo stupore e la felicità di una volta. In quegli occhi poteva rivedere tutto il loro passato scritto da un cuore intrappolato in un animo gentile.
-Simple Plan benvenuti.-Patrick comparve dal nulla con a fianco Michelle.
-Michelle?.-chiese stupito Pierre.
-Scusi Dottor Bouvier.
-Dottore?.-chiesero in coro gli altri quattro.
-Eh si Biologia Marina e non ridete.-incrociò le braccia al petto alzando il mento in segno di offesa mentre dei risolini riempivano la stanza.
-Patrick ci spieghi?.-tagliò corto Chuck guardando il ragazzo ora vestito in modo normale e non come un cassiere.
-Avvocato Comeau buongiorno anche a lei.
-E poi sfotti me.-mormorò infastidito Pierre.
-Buoni ognuno ha fatto le sue scelte.
-Allora eri tu prima,grazie per avermi fatto fare la figura del fesso con mia moglie.-fece stizzito Seb guardando male l’amico che invece se la rideva di gusto.
-Che ancora moglie non è.
-Patrick muoviti a parlare.-lo interruppe Jeff riducendo gli occhi a due fessure.
-Semplice ragazzi siete tornati nel lontano 2001 quando ancora eravate amici e stavate inseguendo il vostro sogno più grande,siete tornati a quel 20 Aprile di tredici anni fa. Ora voglio solo mostrarvi se solo aveste usato il cervello e non le parole dove sareste in questo momento.-Michelle scoprì un enorme schermo e buttò il telo dietro di se.
-Dio ditemi che sto sognando non è reale sta cosa.-fece sconsolato Pierre abbassando la testa.
-Ma ti lamenti sempre?non l’hai perso quel vizio.-lo rimproverò Patrick con aria severa,Pierre gli mostrò il dito medio.
-Beh ha ragione,dove siamo?si ok nel 2001 non ripeterlo o ti picchio.-continuò Chuck dopo averlo zittito con uno sguardo furente.-ma dove?e perché proprio adesso?
-Siete a Montreal,in sala di registrazione.-Come d’incanto intorno a loro si materializzò uno studio di registrazione. Non c’era nessuno a parte loro,ma tutti i loro strumenti erano li,il basso di David,le chitarre di Jeff e Seb,la batteria di Chuck montata di tutto punto e infine la sala col microfono dove Pierre esprimeva tutto se stesso.-e ora per favore guardate il video.
I ragazzi si avvicinarono allo schermo incuriosito.
-Vedete a quest’ora potevate essere qui.-indicò un backstage pieno di persone che andavano e venivano e di cavi sparsi tra le impalcature.-oppure qui.-la statua di San Paolo di Brasile comparve sia nello schermo che alle loro spalle,sembrava tutto così reale che potevano sentire il vento caldo di quei posti lontani e a loro sconosciuti.
-Ci siamo persi tantissimo.-sussurrò Chuck fissando lo sguardo malinconico.
-Perché proprio ora?.-chiese di rimando Patrick.-perché ieri tutti quanti avete riaperto quella porta che avevate deciso di sigillare per tanti anni,ieri tutti quanti,in condizionalmente,avete pensato a quel giorno di tredici anni fa,e oggi pian piano ci siete arrivati. Nessuno di voi in questi anni ci ha mai pensato,fino a ieri e così mi sembrava logico farvi ragionare un po’. Ora sta a voi ragazzi,se volete potete tornare indietro di tredici anni e ricominciare da dove vi siete lasciati,infondo David e anche Jeff ci hanno pensato a sta cosa: << se solo potessi tornerei indietro per rimettere a posto le cose >>.-David e Jeff abbassarono lo sguardo imbarazzati in quel momento i loro pensieri erano in piazza e tutti potevano ascoltarli,ma era la verità,l’avevano pensato davvero e infondo non c’era niente di cui vergognarsi.-perché tutti voi avete ammesso i vostri errori e il fatto che vi mancavate.
-No aspetta un secondo.-intervenne Lara che pian piano si riprendeva da quella situazione non del tutto normale.-dove cavolo sono i miei figli?
-Nel 2014.
-Grazie Patrick i conti li sono fare anche da sola,perché non sono qui?
-Perché nel 2001 loro non c’erano.
-Patrick sono i nostri figli.-continuò Sara guardando verso l’amico.-non puoi chiederci di tornare indietro di tredici anni e lasciarli li.
-E allora fate venire anche loro.-rispose con naturalezza Pat mangiandosi l’unghia del mignolo.
-Cazzo Patrick,ma vuoi ragionare una volta ogni tanto.-sbottò Mary liberandosi dalla presa di Chuck.-non possiamo portarli,mio figlio ha 8 anni se torniamo indietro quando diavolo l’ho avuto a tredici anni?
-Non ha mica tutti i torti.-fece Patrick parlando più a se stesso che a Mary,che alzò gli occhi al cielo e si diede una forte pacca sulla fronte.-Ma loro nasceranno comunque.
-Si Pat nasceranno,ma se le cose non vanno come sono andate in questi anni?il futuro cambia,il futuro ce lo creiamo noi,può succedere qualsiasi cosa.-gli rispose Lara sentendo una forte fitta al cuore.
-Ok pensiamo una cosa per volta,non l’avevo calcolata sta cosa.
-Avanti Pat dicci cosa dobbiamo fare.-stavolta Pierre era serio,stavolta non ammetteva repliche,voleva finire al più presto quella commedia.
-Decidete,potete tornare indietro di tredici anni e portare avanti quello per cui avevate sempre sognato e lottato e cambiare il vostro futuro,oppure tornare nel 2014,ma come persone mature e senza più astio nei vostri confronti.
-Amici intendi?.-chiese Seb lasciandosi andare in un sorriso sornione,vederli era stata già la cosa più bella per lui.
-Esatto Seb,amici e non cinque adulti che poi si fanno prendere dai ricordi e dalle malinconie. Siete penosi lo sapete?
-Taci.-urlarono in coro verso l’amico che si limitò ad alzare le spalle.
Lara avanzò all’interno del cerchio che si era creato. Anche il panorama era cambiato,ora erano nella strada trafficata e sempre viva di Tokyo.
-A me non importa che mio marito sia famoso,a me va bene la vita che facciamo,Pierre ama il suo lavoro e io amo lui,come amo i miei figli. Non voglio essere egoista,ma io voglio i miei figli,anche se nasceranno di nuovo,ma non saranno la Lucy e Cory che abbiamo cresciuto in questi anni. A me non importa niente di quello che è successo tredici anni fa,a me importa riprendere la nostra amicizia da dove l’abbiamo lasciata,perché mi mancano le mie due migliori amiche,mi mancano le risate e le chiacchierate infinite con Jamie e France.-Sara e Mary iniziarono ad avanzare verso di lei staccandosi dai loro ragazzi,i loro occhi erano intrisi di lucidità e di lacrime pronte a sgorgare per liberarsi di tutti i fantasmi del passato.-mi mancate voi ragazzi,l’allegria che mi davate,la fiducia che avevate nei miei confronti,l’amicizia più bella l’ho trovata solo in voi e basta.
-Ricominciamo ragazzi,ricominciamo da adulti quali siamo.-iniziò Sara senza staccare gli occhi dalle sue amiche.-ricominciamo come se non fosse successo niente,infondo non è mai troppo tardi,mi mancano i pranzi insieme,le gite,gli scherzi e le piccole litigate.
-E a me manca parlare con voi,vedervi entrare in casa tutti in massa come rinoceronti impazziti,mi manca veder Chuck e Pierre prendersi a ceffoni,mi manca tutta quella vita. Chuck non sei più lo stesso e penso che chiunque qui dentro la pensa come me rivolgendosi ai propri mariti. Hai voluto vendere la batteria,ma hai fatto l’errore più grosso della tua vita e io rivoglio quel ragazzo spensierato e senza angoscia che eri quando ti ho conosciuto e loro.-disse indicando tutti col dito.-che erano nella tua e nella nostra vita.-tutti quanti annuirono persi nei loro pensieri,infondo non era del tutto sbagliato quel discorso,potevano ricominciare nel 2001 senza figli e con un futuro di successo davanti,oppure ricominciare dal 2014 da quel 20 Aprile come se non fosse mai successo niente.
-Scusa Pat.-David lo guardò pieno di domande
-Dimmi caro.
-Si ok…Dove cavolo sei finito in tutti questi anni?
-Ah ma io ero sempre presente siete voi che non vi siete mai accorti di niente,ma non mi sarei aspettato chissà cosa infondo la testa non l’avete mai avuta.
-Tante grazie.-sbuffò Jeff portando le mani dietro la testa.
-Di di no Stinco e ti meno.-lo minacciò Pat con il telecomando dello schermo puntato verso il volto.-Quindi?
-Io ci sto.-disse Pierre guardandoli uno ad uno.-cioè mi va bene ricominciare dal 2014 non importa se non siamo famosi,l’importante è stare ancora insieme come una volta.-Lara gli sorrise fiera e felice,questa volta non avrebbe permesso a nessuno di toglierle ancora le sue migliori amiche.
-Io mi associo a Pierre.-sorrise Seb all’amico.-infondo quella litigata era una cazzata,siamo stati stupidi a non pensarci prima,ma visto che siamo ancora in tempo,mettiamoci una pietra sopra.
-Il piccoletto come sempre ha ragione.-lo prese in giro David che si era rilassato da poco.-basta fare i cazzoni!
-Amici?.-chiese Chuck portando la mano al centro del cerchio con il palmo rivolto verso il basso.
-Amici.-decretò Jeff posando la mano sopra quella dell’amico,seguito poco dopo da tutti quanti.
-Oh che scena commuovente.-disse Patrick togliendosi lacrime invisibili dagli occhi.
Tutti i presenti alzarono gli occhi al cielo prima di perdersi in un abbraccio infinito.
Lara Sara e Mary scoppiarono a piangere nell’abbracciarsi,anche Jamie e France si unirono a quell’abbraccio.
-Pensa Stinco se decidevate di tornare indietro nel 2006 ti saresti rifatto il naso.-disse Pat mostrando un sorriso a 32 denti. Jeff lo guardò male prima di sibilare un cattivo: scappa.-oh merda.-esclamò Patrick prima di iniziare a scappare per un posto indefinito. In quella stanza niente era definito,in quel momento si trovavano sul pontile di Syndey con davanti l’Opera House.
-RAZZA DI UN CRETINO VIENI QUI.-urlava Jeff tentando di prenderlo per la maglietta,mentre Patrick scappava e cambiava panorama col telecomando.
-Guarda Stinco sei in Cina,anzi no nel Deserto…Troppo freddo per il polo Nord?
Tutti quanti scoppiarono a ridere,anche a distanza di tredici anni non erano cambiati per nulla,ma infondo era logico,insieme erano una cosa,divisi non sarebbero mai potuti essere loro stessi.
-Michelle.-salutò Pierre avvicinandosi a quella che un tempo era la sua segretaria.
-Dottor Bouvier.-gli sorrise guardandolo.
-Da oggi Pierre.
-Ok Pierre.
-Non me lo sarei mai aspettato.
-Sono stata brava ammettilo.
-Ah si si per quello si,ma come hai conosciuto quel cretino?
-In vacanza quando mi ha raccontato tutto stavo per dargli del pazzo,ma mi ha colpito il modo in cui mi diceva le cose,insomma amore a prima vista.
-Te lo sei scelto bene!.-scherzò ricevendo una pacca sul braccio dalla nuova amica.
-PAT TORNIAMO AL MONDO REALE CHE QUI MI STO ANNOIANDO?.-urlò David ancora abbracciato alle sue amiche.
-Quindi questa è la vostra decisione?.-chiese ancora una volta Patrick prima di riportarli nel 2014.-da qui non si torna davvero più indietro.
-Si è la nostra decisione.-disse convinto Seb. Chiusero tutti quanto gli occhi stringendosi forte a quelli che erano ancora i loro mariti. Nel giro di pochi secondi tornarono nello studio di Pierre,con i loro figli; Pat schiacciò un pulsante,che come un film fece ripartire la loro vita da dove l’avevano lasciata.
-Mamma?.-chiese impaurito Cory.-chi è tutta sta gente?
-Patrick?come glielo si spiega?
-Com’è davvero,magari non dite della stanza immaginaria rischiate di risultare dei cretini agli occhi dei vostri figli e non è bello.
-Come non detto.-sbuffò Mary abbassandosi al livello di sua figlia.-amore questi sono come degli zii per voi,sono vecchi amici di mamma e papà. Zia Lara,Zia Sara,Zia Jamie e Zia France poi ci sono lo Zio Pierre,lo Zio David,lo Zio Seb e lo Zio Jeff.
-Wow mamma ma quanti zii ho?
-Tantissimi.
-Papà.-Lucy tirò Pierre per la camicia attirando la sua attenzione. Gli fece segno di abbassarsi con l’indice.
-Dimmi amore.
-Ma anche loro sono speciali come i delfini o me e Cory?.-Pierre li guardò ancora una volta nella loro semplicità,nella loro voglia di ridere e scherzare. Vide in loro uomini in carriera,padri di famiglia che si prendevano cura dei loro figli,mariti perfetti che non facevano mancare niente alle donne che amavano,ma infondo rimanevano sempre gli stessi amici che aveva lasciato,le stesse persone su cui avrebbe sempre potuto contare.
-Si Lucy,loro sono molto speciali,come i delfini,te e Cory.
-Cory,lui è Kylie avete la stessa età.-fece Lara facendo avanzare il figlio della sua amica.
-Wow ciao Cory.
-Eih Kylie piacere di conoscerti.
-Valerie lei è Zoey mentre lei è Lucy avete tutte più o meno la stessa età.
-Allora diventeremo tanto amiche.-sorrise Valerie prendendo per mano le altre due. Mary sorrise guardandole così sconosciute,ma già così unite.
-Sono fiera di te.-disse Michelle a Patrick baciandolo sulla guancia.
-Ah ma io non ho fatto niente.
-Beh hai fatto anche troppo.
-Ok un po’ di merito me lo prendo anche io.
L’amicizia ritornò dopo tredici anni come se non fosse successo nulla,l’amicizia trionfò ancora una volta nei loro cuori e nelle loro anime stanche di soffrire.
L’amicizia non era mai davvero finita!


 
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~vale93kotor}
» Posted on 27/4/2009, 14:18




questa è la famosa fan fiction segreta???
 
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i'd do anything
» Posted on 27/4/2009, 15:38




auhauhauauhahauuah eeeeeeeeee no caro mio!
 
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~vale93kotor}
» Posted on 27/4/2009, 17:48




uffa....
 
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i'd do anything
» Posted on 27/4/2009, 19:18




se ho responso positivo la posto!
 
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AreYouNuts?
» Posted on 4/5/2009, 10:18




Lara ahahaha allora premetto che non ho ancora finito di leggerla, perchè me la sto leggendo a pezzettini dato che devo studiare un sacco perchè mercoledì ho un esame e quindi quando mi prendo delle pausette dallo studio la leggo, e ancora non ho finito e lasciando stare il fatto che è meravigliosa e che spero vivamente che tu la continui [anche se ancora non sono arrivata in fondo ma già quello che sto leggendo è bellissimo] e lasciando anche stare il fatto che aspettavo a commentarti tutto in fondo, ma non posso non dirti sta cosa ahahahah.
Allora stanotte ho sognato che eravamo tutti, io te Edy e anche i canadesi in una specie di villa dove dovevamo pranzare tutti insieme anche al cast di Twilight [ahauah va beh lascia stare la mia idiozia XD] e a un tratto ci ritrovavamo in una stanza dove c'era tutta la carta da parati graffiata, il sangue sulle pareti e varie altre cose da set di film horror D.O.C. e arrivavano degli zombies e noi dovevamo ucciderli O__O
allora c'era Dave che aveva una specie di pugnale in mano e si metteva davanti a noi per difenderci [dimmi teeeeee XD] e anche gli altri ci attorniavano per difenderci, l'unico che mancava era Pierre ahauahauah che a un tratto arrivava e si metteva a fare il grande della situazione, cioè tipo "adesso ci penso io!" e allora alla porta della stanza si affacciava uno zombie [vestito da astronauta O_O] che gli faceva "pierre vieni con me" e lui "ma perchè?" e questo "vieni con me" allora pierre abbassava le armi e andava dallo zombie che lo portava via e gli diceva "non lo capisci? è per questo che non ti vogliamo! Rompi sempre i coglioni! Devi lasciare questa band!" e così lui se ne andava e in pratica sarebbe questo il motivo per cui i Simple Plan si sono divisi nella tua ff, secondo la mia mente malata ahauahauaauhaa ok va beh lasciatemi perdere, sono un caso umano, vado a continuare a studiare che è meglio :D
 
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5 replies since 26/4/2009, 12:23   170 views
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